ZAUBERKRAFT,
L’OVALE PERFETTO SECONDO ANDREA ZANZOTTO ♦
Opera poetica per attore e banda musicale
In occasione della manifestazione BIAVER IN PIAZZA, torna in scena “ZAUBERKRAFT, l’ovale perfetto secondo Andrea Zanzotto”
Ideazione ed interpretazione di Sandro Buzzatti, con la Banda Larga delle Prealpi Trevigiane diretta dal Maestro Luigi Vitale. Regia Marta Dalla Via, scene Antonio Panzuto.
Organizzazione: Comune di Alano di Piave e Teatri Nomadi
INGRESSO LIBERO
Vi aspettiamo!
Domenica 27 agosto – ore 21.00
Piazza Martiri, Alano di Piave (BL)
In caso di maltempo, lo spettacolo si rettà prsso la Palestra comunale di via D. Pietro Codemo
Alla ricerca delle figure femminili nell’opera di Andra Zanzotto. Uno spettacolo in bilico tra narrazione, musica e poesia.
“Molti anni orsono, affiancando alla mia formazione teatrale, compiuta all’insegna della ‘commedia’ con Dario Fo prima e della ‘maschera’ più tardi con Carlo Boso, la frequentazione assidua di maestri come Romano Pascutto, Franco Loi e infine il nostro Andrea Zanzotto, mi convinsi che era giunto il momento di riportare il genio poetico, l’anima e il corpo della parola, nel bel mezzo dell’agorà: la piazza, il mercato, la contrada, i luoghi dell’invenzione del linguaggio, della sua mutazione, come doveva essere stato nel tempo delle sibille, del passa-parola diremmo oggi.”
Sandro Buzzatti
“Immaginate di scendere nella piazza del paese e trovarci un enfant prodige che legge, che scrive, che gioca con i caratteri mobili della vicina tipografia e ammalia la gente. All’inizio soprattutto zie, nonne, persino la maestra! Poi sconosciuti, un pubblico più ampio, più alto, più lontano.
Immaginate di scendere nella piazza del paese e scoprire che il fruttivendolo, la sarta, l’oste mentre lavorano citano a memoria poesie scritte da quello che bambino non è più ma il cui prodigio è rimasto.
Le parole possono essere formule magiche che accendono luoghi e persone. Zauberkraft è il nostro abracadabra. Un incantesimo che è fatto di corpi e suoni concreti che vivono dentro una fantasia contemporaneamente aulica e contadina.
Immaginate un luogo siderale immerso nel silenzio e nella foschìa. Un pezzo di luna cade dal cielo, tutto diventa rosso e ci sentiamo, all’improvviso, nel mezzo di una scena del crimine. Un delitto è stato commesso. Qualcuno ha preso a coltellate l’ovale perfetto? La luna? La poesia? Questo tempo?
Siamo rimasti tutti feriti ma proviamo a curarci con un po’ di polvere di cicale e Zanzotto.”
Marta Dalla Via
LA STORIA DI BARBA ZHUCÒN (lo zio tonto)
Portare la poesia in mezzo alla gente e far sostare la gente in mezzo alla poesia è la spinta fondante di questo progetto.
Per permettere a tutti di entrare in questo Eden della lingua Matria, useremo una chiave speciale. La chiave di una tradizione orale molto diffusa in tutto il territorio veneto e declinata in tanti idiomi e idioletti: la fiaba del Barba Zhucòn. Una favola che mette in luce una relazione di genere che prevedrebbe un maschio orco, una madre e una figlia come potenziali vittime di una sopraffazione ma che, invece, si rovescia facendo emergere un duo femminile pregno di coraggio e astuzia. Sono donne che oltrepassano i confini predefiniti dalle convenzioni sociali arrivando a ridicolizzare la fonte delle loro paure; il tutto tra frittelle, cuscini, spini e un vortice di ritmo lessicale indimenticabile.
Come mai Zanzotto ha scomodato la sua penna per riscrivere a suo modo una storia così largamente conosciuta?
Abbiamo voluto rispondere aggiungendo materia poetica per conoscere (e ri-conoscere) le altre donne che popolano l’universo di questo artista. La Nene della Cal Santa: indipendente creativa e libera, colei che, nella sua cucina sa mettere insieme le piccole cose domestiche con l’eterno. La Maria Carpéla, emblema della bontà, che andava a cucire per le case alla quale spetta con certezza il paradiso. La Marieta Tamóda che non smetteva d pensare ai racconti del “primo dei Dumas” tanto che “non c’è letterato, avvocato, né profeta che abbia letto scartafacci più di lei”. E ancora la Pina, la vedova Bres, la Urora, la Neta, la Teresa… un esercito di umanissime muse andranno a nutrire uno stomaco collettivo. Uno stomaco che è digiuno di bellezza, di ispirazione forse da quando l’irraggiungibile luna, musa secolare della poesia, è stata toccata, violata, da quell’astronave, ironicamente chiamata Apollo.
LA BANDA DI PAESE, IL PAESE DELLA BANDA
Ora che la porta è aperta bisogna entrare e sentirsi a casa. Per fare questo passeremo dalle Muse alla loro arte: la Musica. Una banda musicale, espressione ancora una volta di un sentire popolare legato all’agorà, sarà parte integrante di questa drammaturgia. Come un coro greco, ascolta l’attore e respira insieme a lui in un dialogo che riesce a farci sentire adulti coraggiosi che anelano alle più alte vette della poesia ma anche bambini che parlano in petèl, che hanno paura e cercano la mano di un genitore che, come in ogni fiaba, li guidi fuori dal fitto bosco.