…Pin Pinìn… Son qua sul primo scalin
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In caso di maltempo l’evento verrà rinviato a data da destinarsi
…PIN PINÌN… SON QUA SUL PRIMO SCALIN
Opera poetica per attore e banda musicale
Con Sandro Buzzatti e la Banda Monte Grappa condotta dal Maestro Mattia Cogo – regia Marta Dalla Via
Alla ricerca delle figure femminili nell’opera di Andra Zanzotto. Uno spettacolo in bilico tra narrazione, musica e poesia.
Molti anni orsono, affiancando alla mia formazione teatrale, compiuta all’insegna della ‘commedia’ con Dario Fo prima e della ‘maschera’ più tardi con Carlo Boso, la frequentazione assidua di maestri come Romano Pascutto, Franco Loi e infine il nostro Andrea Zanzotto, mi convinsi che era giunto il momento di riportare il genio poetico, l’anima e il corpo della parola, nel bel mezzo dell’agorà: la piazza, il mercato, la contrada, i luoghi dell’invenzione del linguaggio, della sua mutazione, come doveva essere stato nel tempo delle sibille, del passa-parola diremmo oggi.
(Sandro Buzzatti)
Immaginate di scendere nella piazza del paese e trovarci un enfant prodige che legge, che scrive, che gioca con i caratteri mobili della vicina tipografia e ammalia la gente. All’inizio soprattutto zie, nonne, persino la maestra! Poi sconosciuti, un pubblico più ampio, più alto, più lontano.
Immaginate di scendere nella piazza del paese e scoprire che il fruttivendolo, la sarta, l’oste mentre lavorano citano a memoria poesie scritte da quello che bambino non è più ma il cui prodigio è rimasto.
Le parole possono essere formule magiche che accendono luoghi e persone. Zauberkraft è il nostro abracadabra. Un incantesimo che è fatto di corpi e suoni concreti che vivono dentro una fantasia contemporaneamente aulica e contadina.
Immaginate un luogo siderale immerso nel silenzio e nella foschìa. Un pezzo di luna cade dal cielo, tutto diventa rosso e ci sentiamo, all’improvviso, nel mezzo di una scena del crimine. Un delitto è stato commesso. Qualcuno ha preso a coltellate l’ovale perfetto? La luna? La poesia? Questo tempo?
Siamo rimasti tutti feriti ma proviamo a curarci con un po’ di polvere di cicale e Zanzotto.
(Marta Dalla Via)
LA STORIA DI BARBA ZHUCÒN (lo zio tonto)
Portare la poesia in mezzo alla gente e far sostare la gente in mezzo alla poesia è la spinta fondante di questo progetto.
Per permettere a tutti di entrare in questo Eden della lingua Matria, useremo una chiave speciale. La chiave di una tradizione orale molto diffusa in tutto il territorio veneto e declinata in tanti idiomi e idioletti: la fiaba del Barba Zhucòn. Una favola che mette in luce una relazione di genere che prevedrebbe un maschio orco, una madre e una figlia come potenziali vittime di una sopraffazione ma che, invece, si rovescia facendo emergere un duo femminile pregno di coraggio e astuzia. Sono donne che oltrepassano i confini predefiniti dalle convenzioni sociali arrivando a ridicolizzare la fonte delle loro paure; il tutto tra frittelle, cuscini, spini e un vortice di ritmo lessicale indimenticabile.
Come mai Zanzotto ha scomodato la sua penna per riscrivere a suo modo una storia così largamente conosciuta?
Abbiamo voluto rispondere aggiungendo materia poetica per conoscere (e ri-conoscere) le altre donne che popolano l’universo di questo artista. La Nene della Cal Santa: indipendente creativa e libera, colei che, nella sua cucina sa mettere insieme le piccole cose domestiche con l’eterno. La Maria Carpéla, emblema della bontà, che andava a cucire per le case alla quale spetta con certezza il paradiso. La Marieta Tamóda che non smetteva d pensare ai racconti del “primo dei Dumas” tanto che “non c’è letterato, avvocato, né profeta che abbia letto scartafacci più di lei”. E ancora la Pina, la vedova Bres, la Urora, la Neta, la Teresa… un esercito di umanissime muse andranno a nutrire uno stomaco collettivo. Uno stomaco che è digiuno di bellezza, di ispirazione forse da quando l’irraggiungibile luna, musa secolare della poesia, è stata toccata, violata, da quell’astronave, ironicamente chiamata Apollo.
LA BANDA DI PAESE, IL PAESE DELLA BANDA
Ora che la porta è aperta bisogna entrare e sentirsi a casa. Per fare questo passeremo dalle Muse alla loro arte: la Musica. Una banda musicale, espressione ancora una volta di un sentire popolare legato all’agorà, sarà parte integrante di questa drammaturgia. Come un coro greco, ascolta l’attore e respira insieme a lui in un dialogo che riesce a farci sentire adulti coraggiosi che anelano alle più alte vette della poesia ma anche bambini che parlano in petèl, che hanno paura e cercano la mano di un genitore che, come in ogni fiaba, li guidi fuori dal fitto bosco.